Le figure divine del mondo dolomitico

Disco di Montebelluna
 

Nelle leggende dei Fanes appare sul monte Pore una maga delle erbe, la Tsicuta (cicuta): ella è signora del corvo e possiede la Rajetta. Con queste prime caratteristiche si identifica con la dea dei Paleoveneti, raffigurata nei dischi bronzei di Montebelluna, in cui compaiono altri simboli comuni, quale il papavero, il crocus primaverile ed il colchico autunnale, segni dell’inizio e della fine della vita vegetativa della montagna: anche il nome del monte Pore è paleoveneto, indicando il monte della datrice di ricchezze, un indizio dello sfruttamento delle miniere di ferro già prima dell’età romana. Questa divinità, Signora degli animali e dell’eterno divenire della natura, è presente anche nel santuario paleoveneto di Làgole (Calalzo), come divinità delle acque risananti alla quale vennero dedicati numerosissimi ex voto, ora esposti al Museo di Pieve di Cadore. Di lei rimangono tracce in altre leggende: in Val Badia è la Vecchia che amministra la giustizia, mentre in Val Pusteria è la Samblana (la Signora) alla quale sono affidate le bambine indesiderate con un rituale che è perfettamente sovrapponibile, se non l’archètipo, della fiaba di Hansel e Gretel dei Fratelli Grimm. Come Signora dei bambini morti prima del battesimo appare sul Cristallo (il monte del ghiaccio nei pressi di San Vito di Cadore) e come Cristanna, Signora dei ghiacci, è la dea delle Marmarole che offre agli uomini le ricchezze sotterranee, realmente presenti nella zona con le miniere di piombo e argento di Auronzo. Col suo compito di garante della giustizia e dell’ordine nella vita degli uomini, l’antica dea influenza fortemente la figura della Befana bellunese, la Redòdesa (Regina delle dodici notti o dei dodici mesi) e con questa a sua volta presenta fortissimi contatti con le germaniche Frau Berchta e Frau Holle, antiche dee della natura, del tempo, della giustizia e del buon ordine della famiglia. Il Cristianesimo nella sua lotta contro il mondo pagano le demonizza fisicamente nella forma di streghe, ma ne salva la funzione moralizzatrice e di giustizia, accettando la figura della Befana, dall’aspetto di strega, ma esecutrice di giustizia, che premia o punisce al termine del ciclo naturale dell’anno. Le sue radici arcaiche sono così forti che specie nel Veneto risulta vincente rispetto alla figura dei Re Magi, con cui il Cristianesimo tentò di sostituirla. Il legame con l’acqua, datrice di vita, si trova non solo nell’antica dea, ma anche nelle Anguane, le ninfe delle acque ancora ben presenti nelle leggende e nella topografia delle Alpi orientali: esse nell’Alto Adige e nel Tirolo, col nome di Sàlighes o di Schlernhexen (Streghe dello Sciliar) danno origine ad un’usanza molto viva e diffusa; rappresentate in forma di bambole, spesso molto graziose, sono appese alla porta di casa perché la difendano da ogni male. Anche se ormai generalmente sono chiamate Streghe scacciaguai, conservano viva ancor oggi una funzione tipica dell’antica dea delle Dolomiti.


Laghetto di Làgole

Schlernhexe

 

 

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