Le
leggende minerarie dell’Alto Cordèvole
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Il bacino minerario agordino, ricco di rame e di ferro, offre due leggende legate a luoghi reali di estrazione mineraria, cioè l’Aurona e le miniere del monte Pore, attive fino al 1700. In entrambi i casi abbiamo un identico filo conduttore nel mito: finché una fanciulla nobile e bella rimane prigioniera nel grembo della miniera, questa produce ricchezza, ma quando la fanciulla se ne allontana, la miniera si esaurisce e viene abbandonata. Questa trama è spiegabile con la logica arcaica della magia simpatica, per cui un corpo comunicherebbe ad un altro le sue proprietà per contatto, come una mano calda riscalda quella fredda. Così, quando la più bella e nobile fanciulla del paese, carica di intatte energie riproduttive, entra nelle viscere o nel grembo della Madre Terra, comunica nuova fertilità alle vene del minerale. Se la presenza della fanciulla cessa, o per morte o per liberazione da parte di un personaggio nobile, si interrompe la comunicazione di energie e la produzione mineraria si estingue. La leggenda dell’Aurona, legata all’estrazione del rame e quindi con buona probabilità all’età del Bronzo, offre la trama a quella di Re Laurino nel non lontano Catinaccio/Rosengarten, portata in poesia da un trovatore tedesco del 1200 e fondamentale per la letteratura germanica. La seconda leggenda mineraria dell’alto Agordino è legata all’estrazione del ferro nel monte Pore, in un’area di cultura ladina, ma appartenente fino al 1918 al Sud Tirolo austriaco: anche in questo caso abbiamo una trama ed una logica analoga alle leggende precedenti, tuttavia arricchita da alcuni fondamentali elementi archeologici e mitici che la fanno apparire come l’archetipo della Biancaneve dei Fratelli Grimm i quali, nella raccolta delle fiabe da tutta l’area di cultura germanica, collocano la miniera dei nani a sud delle Alpi orientali in cui l’attività estrattiva del Pore risultava estremamente importante ed antica. Per un approfondimento del problema cliccare qui. |
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